Oltre che essere la capitale inglese, Londra rappresenta, da moltissimo tempo, la capitale del “mondo”, se cosi la vogliamo definire. Qualsiasi paese sulla faccia della terra ha un angolo anche di 2 metri per 3 in una qualsiasi parte di Londra. Tutti le nazioni sono rappresentate, con una mescolanza di popoli e di etnie senza eguali nel mondo. Mescolanze che a volte possono risultare pericolose ma che spesso, al contrario, presentano diverse sorprese. Ed è per me una sorpresa il Cafè che ho avuto la fortuna di visitare oggi pomeriggio.
E’ la classica giornata piovosa londinese, con quelle gocce talmente piccole e leggere che scendono irregolari perché spostate dal vento. Dopo diverse ore passate al Camden Market tra assaggi di un caffè etiope e carne peruviana, scelgo di concludere il pomeriggio in un posto un pò più tranquillo, lontano dalle code di traffico e dagli ammassi enormi di gente, così che dopo qualche minuto il mio pensiero torna a Warren Street, zona in cui ho lavorato per circa 2 mesi all’inizio di quest’anno e che mi ha dato la possibilità di esplorare e scoprire posti che altrimenti, vista la presenza di banche ed uffici e di poche attrazioni, non avrei mai visitato. Prendo così il 24 da Camden Town Station, mi fermo a Warren Street e dopo una camminata di circa 3/4 minuti mi ritrovo non su Tottenham Court Road (la strada principale) ma su Grafton Way, una parallela interna. Il bar è facilmente riconoscibile non tanto per il nome (Cafè Rio), che fa presagire di che popolo e di che nazione stiamo parlando, ma dalle sue decorazioni esterne: una serie di palme da vaso ben disposte lungo il perimetro, a proteggere i tavolini esterni, che ti immergono nella realtà in un piccolo snack bar ma ideologicamente all’interno di una minuscola foresta amazzonica. Superata la maestosità delle piante, si entra in questo minuscolo esercizio gestito, ovviamente, da dei ragazzi e delle ragazze brasiliani. La cameriera che trovo è gentilissima e molto disponibile. Parla un inglese perfetto ma con il tipico accento sudamericano. Un posto veramente a grandezza uomo: tutto pieno ha 14 coperti all’interno e 6 piccoli tavoli circolari all’esterno che, in giornate come quella che ho trovato io, non sembrano risultare la scelta migliore. L’arredamento è ovviamente collegato all’esterno con i vini ben disposti a muro su di un rombo composto da piccoli quadrati in legno. Altre piante e la giusta scelta di tavolini e panche in legno creano un contorno totalmente sudamericano, nonostante ci troviamo in una zona di businessman e di grandi aziende. Il menù ovviamente ha le sue specialità brasiliane ma per il resto è totalmente uguale a quello di altri esercizi simili con le insalate, i panini, i primi piatti, gli alcolici, i vini e chi pi ne ha più ne metta.
E’ la classica giornata piovosa londinese, con quelle gocce talmente piccole e leggere che scendono irregolari perché spostate dal vento. Dopo diverse ore passate al Camden Market tra assaggi di un caffè etiope e carne peruviana, scelgo di concludere il pomeriggio in un posto un pò più tranquillo, lontano dalle code di traffico e dagli ammassi enormi di gente, così che dopo qualche minuto il mio pensiero torna a Warren Street, zona in cui ho lavorato per circa 2 mesi all’inizio di quest’anno e che mi ha dato la possibilità di esplorare e scoprire posti che altrimenti, vista la presenza di banche ed uffici e di poche attrazioni, non avrei mai visitato. Prendo così il 24 da Camden Town Station, mi fermo a Warren Street e dopo una camminata di circa 3/4 minuti mi ritrovo non su Tottenham Court Road (la strada principale) ma su Grafton Way, una parallela interna. Il bar è facilmente riconoscibile non tanto per il nome (Cafè Rio), che fa presagire di che popolo e di che nazione stiamo parlando, ma dalle sue decorazioni esterne: una serie di palme da vaso ben disposte lungo il perimetro, a proteggere i tavolini esterni, che ti immergono nella realtà in un piccolo snack bar ma ideologicamente all’interno di una minuscola foresta amazzonica. Superata la maestosità delle piante, si entra in questo minuscolo esercizio gestito, ovviamente, da dei ragazzi e delle ragazze brasiliani. La cameriera che trovo è gentilissima e molto disponibile. Parla un inglese perfetto ma con il tipico accento sudamericano. Un posto veramente a grandezza uomo: tutto pieno ha 14 coperti all’interno e 6 piccoli tavoli circolari all’esterno che, in giornate come quella che ho trovato io, non sembrano risultare la scelta migliore. L’arredamento è ovviamente collegato all’esterno con i vini ben disposti a muro su di un rombo composto da piccoli quadrati in legno. Altre piante e la giusta scelta di tavolini e panche in legno creano un contorno totalmente sudamericano, nonostante ci troviamo in una zona di businessman e di grandi aziende. Il menù ovviamente ha le sue specialità brasiliane ma per il resto è totalmente uguale a quello di altri esercizi simili con le insalate, i panini, i primi piatti, gli alcolici, i vini e chi pi ne ha più ne metta.
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